Riflessione sul femminicidio di Romolo Menighetti
Femminicidio è una brutta parola usata per rappresentare una realtà ancora più brutta. Indica, infatti, la violenza perpetrata contro le donne in quanto tali, violenza con la quale i maschi intendono far loro pagare la scelta di essere se stesse, e non quello che essi (padri, mariti, fratelli, partner) vorrebbero che fossero. Entro il femmicidio, cioè l’omicidio ai danni di donne da parte di uomini con cui avevano avuto relazioni.I due fenomeni possono essere considerati una variante del ‘delitto d’onore’ con il quale il maschio tradito puniva l’adultera, appunto per salvaguardare il proprio ‘onore’. C’è la stessa matrice culturale e cioè un possesso che appare minacciato.Il delitto d’onore in Italia ebbe riconoscimento giuridico e penale (con riduzione della pena) ancora fino al 1981, ed è tuttora considerato un’attenuante nelle culture dominanti in molti paesi e presso alcune comunità di immigrati residenti in Europa.A livello mondiale l’ONU, nel suo primo Rapporto tematico sugli omicidi sui generi, rilevò essere la violenza domestica, la prima causa di morte per le donne tra i 16 e i 44 anni. Va detto che ci sono ancora paesi in cui l’eliminazione di una adultera non prevede una punizione per l’assassino (ad esempio la Cecenia). In Europa ogni giorno sette donne sono uccise dai loro partner.In Italia secondo il Telefono Rosa, al 19 ottobre 2012, sono già 100 le vittime del 2012: una ogni due giorni.Si tratta di comportamenti che a volte i media troppo superficialmente configurano come ‘storie d’amore finita male’. Ma non sono delitti d’amore ma per dominio! Cioè un uomo ritiene che l’amata non abbia la libertà di decidere se stare o no con lui. E’ un atteggiamento mentale che porta il maschio a esercitare la violenza approfittando della propria superiorità fisica. Un comportamento più da vigliacchi che da uomini improntato sulla concezione della donna come di proprietà dell’uomo da gestire di conseguenza. Un deficit culturale che dovrebbe essere contrastato in primo luogo dai maschi stessi che paiono invece assenti in questa battaglia di civiltà.
Il machismo berlusconiano, ad esempio, rafforza nell’immaginario la premimenza dei maschi e contribuisce a far scadere le donne a oggetti sessuali a pagamento. Che fare? Il problema va affrontato a livello politico, non essendo una questione privata ma un fenomeno di pericolosità sociale per tutti, con campagne antiviolenza promosse da organismi internazionali. Queste dovrebbero perseguire l’abolizione delle norme penali che giustificano la violenza privata verso le donne; prevedere sanzioni più rigorose e proteggere meglio le vittime. Perché l’Italia non imita la Spagna o la Gran Bretagna dove i maschi violenti sono processati da tribunali specializzati? In Italia è la donna-vittima che deve farsi carico della procedura giudiziaria con le relative spese legali!Essendo poi questo tipo di violenza non un fenomeno occasionale ma espressione della disuguaglianza di potere tra i due sessi, sarà necessario battersi per una maggiore rappresentanza ‘rosa’ in ogni ambito della società.Urge inoltre non lasciare le cittadine sole davanti a questo fenomeno, dando maggiore sostegno ai centri antiviolenza che di questi tempi,invece, vedono diminuire le sovvenzioni pubbliche. E non dimentichiamo che nel Talmud si legge, monito per i violenti, che “Dio conta le lacrime delle donne”.
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