Estate 2010
Un gruppo di 42 giovani provenienti dalla Parrocchia di San Paolo D’Argon (Bergamo), nell’ambito di un campo di lavoro e di formazione sui temi della legalità e della lotta per la riaffermazione dei diritti umani tenuto a Villa di Briano (CE), hanno fatto visita alla coop. NEWHOPE proprio per l’importanza che la cooperativa dà alla dignità e al riscatto della persona
da Bologna a Caserta APPUNTI SUL VIAGGIO-STUDIO
DEL 30 APRILE-2 MAGGIO A CASERTA E CASTELVOLTURNO.
30 APRILE: CASTELVOLTURNO-MADDALONI (CE)
Il verde di questa regione colpisce il mio sguardo, mentre attraversiamo le campagne nei pressi di Mondragone, diretti verso Castelvolturno. I passanti sono incuriositi da un pullman di gente del nord intenta ad attraversare le piccole vie. Ci guardano. La sensazione è un misto tra curiosità, tristezza e timore. Raggiungiamo Castelvolturno: il pomeriggio è ventoso ma tiepido, il sole scalda l’asfalto.
Incontro con i Missionari Comboniani Castelvolturno: una discarica ambientale e umana.
I colori pastello delle pareti della “Casa del Bambino” portano una calma quasi innaturale. Lo spazio interno è articolato in tre stanze, una piccola cucina e i servizi igienici. L’esterno è un grazioso giardino all’interno del quale sorgono tre capanne rotondeggianti in tipico stile africano, fatte di legno e canne, adibite a sale per riunioni e mostre. Qui si lavora con cinquantatré bambini tra i due e i cinque anni, figli di immigrati per la maggior parte clandestini, ogni mattina. Nel pomeriggio s’intrecciano lavori di dopo scuola e di alfabetizzazione per bambini, ragazzi e adulti. Si è attivato un servizio di pediatria anonimo, al quale le famiglie possono accedere gratuitamente (molti non si rivolgono agli enti pubblici poiché sono senza documenti e sarebbe troppo rischioso). Il lavoro svolto qui non è riconosciuto dalle istituzioni. Il coinvolgimento delle famiglie è piuttosto basso: gli uomini sono spesso a servizio dei caporali della camorra, che li reclutano alle quattro del mattino nei pressi delle rotonde sulle strade, li selezionano e li portano a lavorare nei campi di pomodori (l’oro rosso) fino a sera, con una paga (sempre se di paga si può parlare) di circa dieci – dodici euro al giorno. Questi soldi, a volte, sono utilizzati per pagare chi porta le persone al lavoro: si paga per lavorare.Le madri che tentano di guadagnare qualcosa sono spesso costrette alla prostituzione. La disoccupazione giovanile tocca cifre altissime. Gli immigrati sono per lo più persone provenienti dall’Africa (Nigeria, Ghana) o dall’est (Romania, Polonia). Nel comune di Castelvolturno sono presenti tra gli otto e i diecimila immigrati, la maggior parte di essi è clandestina e lavora in nero, sfruttata dalla malavita locale che esercita un controllo capillare sul territorio. Parlare di apartheid può sembrare eccessivo, eppure coloro che faticosamente tentano di lavorare qui hanno grande dimestichezza con questo termine: lo straniero è il comune nemico della società, causa della disoccupazione ed esaurimento delle risorse. Si tenta di restituire dignità alla gente, di non farsi loro voce poiché loro una voce ce l’hanno e deve riuscire ad emergere: sono necessari nuovi segnali di lotta e questa lotta deve partire dal basso, da tutti quegli invisibili che mantengono l’economia agricola di questa zona (e non solo di questa) la quale versa nelle mani della camorra. Siamo nel territorio dei Casalesi. Questo potente clan qui controlla il ciclo del cemento, la gestione dei rifiuti, l’edilizia e gli appalti relativi ad essa, il lavoro della terra, la prostituzione. Le conseguenze ambientali sono gravissime. Il canale che attraversa il paese, il Regi Lagni, è utilizzato da circa trenta comuni, aziende e privati come discarica e sfocia direttamente in mare. Sono gettati in acqua anche i bufali maschi dopo essere stati uccisi, poiché per la produzione delle mozzarelle sono necessarie solo le femmine: è una vera e propria fogna a cielo aperto.Il lungomare è diventato zona non balneabile, raccontano che se si va in spiaggia o in riva si corre il rischio di prendere infezioni; la pineta, un tempo, era ciò che più fedelmente rappresentava la macchia mediterranea: la maggior parte di essa è stata abbattuta per costruire edifici. Le case sono per lo più seconde residenze di persone che non risiedono qui ed ora vengono date in affitto (in nero) a prezzi bassi agli immigrati, nonostante le strutture siano in condizioni critiche. L’impiego di amianto nelle costruzioni è elevatissimo, con tutte le conseguenze che comporta.Si sente dire: ”Castelvolturno è la fogna della Campania”. Niente di più reale. Il rapporto con le istituzioni è totalmente assente: si denota una forte collusione con la camorra e, cosa forse ancora più grave, un sempre maggiore interesse della Lega Nord per queste terre. Si sente parlare di bonifica, relativamente al discorso migranti: bonifica di esseri umani. Fortissima risuona l’assenza di identità geografica e culturale.Di tutto questo parlano padre Antonio e padre Filippo, con una fermezza, una disillusione e una tristezza che rendono la percezione di questa realtà molto più dura di quanto si possa immaginare.
Incontro con Sergio Tanzarella Caserta: c’è speranza? Sulla Camorra .
Muoviamo dal fatto che la classe dirigente di questa realtà meridionale è soggetta ad una forte mentalità camorristica. Ci troviamo a Maddaloni, provincia di Caserta, dove l’abusivismo è legge: il paese sorge ai piedi di una grande cava, di proprietà dei Caltagirone, una delle famiglie più ricche d’Italia, nonché una delle maggiori responsabili dell’assassinio di questa terra. Non esiste qui uno Stato di diritto capace di interrompere gli scavi che stanno distruggendo la montagna, a causa della speculazione edilizia legata agli appalti e al mercato del cemento e dei calcestruzzi, in mano alla camorra.Qualche stralcio di fatti indicativi del legame camorra-Istituzioni-Chiesa. Maddaloni è patria di don Salvatore d’Angelo, confessore di Andreotti, legatissimo alla Democrazia Cristiana (che ai tempi prendeva tra il 60 e il 70% dei voti), assessore ai lavori pubblici qui e a Caserta, legato fortemente a Mancino (vice presidente del CSM), ideatore del Villaggio dei Ragazzi, un’enorme struttura situata nel centro del paese. Tutte queste attività influirono su risultati politici, incrementarono il ciclo del cemento e gli introiti della malavita. In seguito la gestione di queste situazioni passò nelle mani dell’ordine dei Legionari di Cristo. Ciò prima dell’arrivo di mons. Nogaro.
Osservando il Villaggio dei ragazzi, è difficile non ricordare il Villaggio Coppola, edificato a Castelvolturno negli anni ‘60 sul terreno demaniale che si snoda lungo 45 km di costa (di cui 27 occupati da questo comune), gran parte della pineta viene abbattuta per lasciare spazio alla costruzione di otto torri di cemento alte dodici piani, senza alcuna concessione edilizia né controllo da parte delle autorità preposte. Coppola sarà arrestato per abusivismo edilizio e sua nipote Cristina è oggi presidente dei giovani industriali della Campania e vicepresidente di Confindustria nazionale con delega per il Sud. Uno dei principali problemi qui è la continua rigenerazione di perfetta collusione tra professionisti locali e camorra, che dà loro appoggio e copertura. Coloro che non rischiano nulla, tuttavia, sono i professionisti, non i camorristi che sono spesso figli d’arte e vengono spesso uccisi o finiscono in carcere. L’attuale centrodestra, così come l’attuale centrosinistra, continuano a candidare persone inquisite, che a volte hanno già in corso processi di primo o secondo grado e che puntualmente sono eletti nei consigli comunali (la media è di uno su cinque). Il fulcro del problema è costituito da coloro che permettono che la camorra prolifichi: si è creato un sistema tale per cui un certo genere di persone ora vive grazie a camorra e anti-camorra, le amministrazioni e gli
enti godono di diversi benefici e fanno accordi. La camorra dunque non è l’anti-stato, è lo Stato e in quanto tale amministrazione degli enti.Esempi di questa situazione sono la gestione della spazzatura, che lascia carta bianca alla camorra sul piano economico, aggravata dall’assenza di registri di mortalità (legge Bassolino) e quindi dall’assenza di una documentazione del fatto che la zona di Caserta sia ad altissimo rischio ambientale (incidenza di tumori e malformazioni senza pari); la gestione del cemento, esempio della quale è la costruzione degli assi mediani (voluta da Cirino Pomicino) accanto ai quali vi sono discariche abusive e rifiuti tossici sotterrati sopra i quali sorgono ettari di campi coltivati (gestione del circuito alimentare locale); il federalismo, presente soprattutto in ambito sanitario, per la maggior parte a pagamento, che incrementa la sanità privata a discapito di quella pubblica (legge De Mita). Cliniche e centri privati sono una delle colonne portanti dell’economia politica. La prevenzione costa meno e risulta quindi meno vantaggiosa economicamente. Vi sono patti precisi tra camorra, governanti e chiesa cattolica (il ruolo collaterale della DC un tempo, l’impronta così forte della Lega ora, fenomeno sottovalutato fin dagli anni ’90): bisogna tenere a mente sempre che i veri mandanti sono coloro che non rischiano nulla.Vi sono anche delle ritualità, delle liturgie che ripetono da tempo: la visita del Papa, quella della commissione anti-mafia, del presidente della Repubblica.Ma con quali risultati? Come si può rispondere a tutto ciò?Un esempio vivente è mons. Nogaro, vescovo di Caserta, che lavora nell’ottica della chiesa come polmone della società civile, ricordando don Diana, un uomo qualunque, parroco a Casal di Principe, lasciato solo nel suo dare la vita in cambio di una testimonianza forte alla gente. Si è realizzato “Speranza provinciale”, un movimento federativo politico in alternativa ai partiti: questa è la voce di coloro che ancora credono nella libertà in queste terre e che vogliono cancellare la parola “rassegnazione”. “La situazione è talmente grave che siamo chiamati tutti a una resistenza attiva”. In queste parole emerge forte il ricordo di Danilo Dolci.
1 MAGGIO: CASERTA Incontro con Suor Rita Giaretta: l’esperienza di Casa Rut e l’odierna tratta delle donne.
Suor Rita emana una forza disarmante: nel suo sorriso, nella luce del suo sguardo, nella forza della sua voce, “speranza” non rimane solo una parola, ma diventa un’energia quasi tangibile. Parliamo di donne migranti, di donne gettate sulla strada, di mogli e di madri segregate, di violenza, di invisibilità; ma non solo: parliamo di storia e di dignità umana.Parliamo di ritorno alla vita. Da quindici anni Casa Rut si occupa del fenomeno, sempre più dilagante, della tratta di donne straniere sul territorio casertano. Inizialmente questa esperienza si svolgeva nel carcere femminile di Caserta, situato nel centro della città, poi si è spostata direttamente sul lavoro in strada: tutto nasce dall’incontro con le donne alle quali viene portato un fiore e un piccolo messaggio scritto in inglese, francese, italiano. Un invito a prendersi cura della propria vita, a ritrovarsi. Le ragazze che giungono in Italia clandestinamente sono schiavizzate da protettori; quelle che possiedono il passaporto, invece, sono precettate da altre donne (dette “Madame”) che glielo sequestrano e le mandano a prostituirsi per saldare il loro debito e riavere i documenti. La strada ti toglie tutto, anche il tuo nome. Non possiedi nulla, quindi non vali nulla: diventi una macchina per produrre soldi e a nessuno importa del dolore. Nell’ottica del “farsi piccoli poiché l’altro cresca”, Suor Rita parla di percorsi di liberazione per queste donne. Ciò implica un costante contatto con i servizi (ASL), con le Istituzioni e con la Questura , ambienti prevalentemente maschili, entro i quali è difficile parlare di temi come prostituzione, sessualità, sfruttamento.Chiaramente, occorre passare dalla logica del favore a quella del diritto (l’articolo 18 relativo alle ragazze vittime di tratta parla chiaro): è una sorta di migrazione della mentalità, molto difficile da attuare in questa terra. Quando le donne si presentano a Casa Rut ci si muove subito per ottenere i documenti: per combattere la criminalità è fondamentale il recupero dell’identità di una persona. Nel frattempo si lavora sul corpo e sull’ascolto di esso, sulla percezione del dolore, così tanto represso dalla strada, sulla lentezza dei gesti, sull’alimentazione. Rinascere è un percorso complesso, un travaglio dell’anima per tornare alla vita. Occorre un preliminare lavoro di rete forte sul territorio, ogni cosa va documentata, discussa, progettata. Il fenomeno della tratta è una sfida culturale: il “sì alla vita” non deve rimanere un progetto ma divenire un servizio.
2 MAGGIO: CASERTA Incontro con mons. Raffaele Nogaro: rompere i muri del silenzio.
Raffaele Nogaro si presenta come un uomo imponente, mentre cammina lento verso noi. Ha settantacinque anni e da due ha rassegnato le dimissioni da Vescovo della diocesi di Caserta. Friulano di origine, ha lavorato in Campania per ventisei anni: ventisei anni di lotta per la vita e per la gente. Tutta la gente. Nessuno escluso. Pur non essendo cattolica, ho partecipato all’Eucarestia da lui celebrata, prima di incontrarlo: nelle letture emergeva fortissimo il tema dell’Amore, di quel sentimento incondizionato e bellissimo che con grande fatica egli tenta di conservare e trasmettere, quasi come un’eredità, alle poche persone presenti in chiesa. Dopo averci accolti in una stanza della canonica, Nogaro ci chiede: ”Ma ditemi, chi siete voi? Cosa ci fate quaggiù?”. Rimaniamo tutti un po’ in imbarazzo. Un uomo con così tanta esperienza, una fonte rara di verità e coraggio ci fa capire che l’incontro vero inizia così. Chi sono io? Chi sei tu? Poi si inizia a parlare.Il primo tema che affrontiamo è quello degli stranieri. Si ha l’impressione che gli immigrati siano perseguitati, tuttavia Caserta è la loro seconda patria. Questa è una zona di arrivo subito dopo gli sbarchi, poiché tra Rosarno e Castel Volturno è presente un’altissima necessità di forza lavoro in nero. L’immigrazione, inoltre, è un moto irresistibile per tutti i popoli, un moto naturale, ed occorre trovare nuove forme di interazione. Una delle scelte di Nogaro e pochi altri è quella dell’autodenuncia: “Ci autodenunciamo per impedire che le persone vengano cacciate, ci prendiamo noi la colpa, poiché sono nella nostra terra”. Due interventi fondamentali per cambiare questo sistema sarebbero quello dello Sato e quello della Chiesa. Purtroppo qui la politica è al servizio della camorra, la politica vera non ha più voce o quasi; ma il politico deve amare il popolo, essere un uomo libero ed onesto, poiché “siamo una famiglia umana bellissima”.Il problema è che il denaro ormai compra tutto, compra anche le coscienze. “Noi lottiamo apertamente, ci mettiamo in rete con i centri sociali, con le associazioni, con gli Imam con i quali facciamo scambi interreligiosi, celebriamo la liturgia insieme. Noi lottiamo per la pace, perciò non abbracciamo la politica: non ci siamo mai risparmiati perché amiamo il popolo”. La realtà qui si basa sul “do ut des”: è la mentalità camorrista. E deve cambiare. Si solleva il problema del rischio di manipolazione istituzionale, del fatto che la camorra ha bisogno di sentirsi dire che ha il controllo del sud e che è forte, del fatto che se viene messo in circolo molto denaro per iniziative anti-mafia, c’è il rischio di dover patteggiare sul cosa dire e come dirlo: “L’uomo deve essere in grado di cambiare le coscienze, non di patteggiare con i politici”. Il tema dello sgancio dalle istituzioni riguarda sia il mondo della politica sia quello della Chiesa: “Il governo non dovrebbe entrare negli affari della Chiesa ed essa dovrebbe essere libera e povera. Con tutte queste storie, ad esempio dell’otto per mille, essa continua ad essere ricca e titolata, perdendo completamente il messaggio evangelico. Occorrono un perdono cristiano ed un perdono politico”, una nuova e vera obiezione di coscienza. Come si può accogliere davvero qualcuno se continuiamo a fare differenza tra un uomo e un altro uomo? “Se vengo rifiutato da qualcuno, io gli vado incontro ugualmente: non faccio alcuna differenza. Cristo afferma di amare l’altro quanto te stesso: quindi io non allontano nessuno”. Risuona forte il tema della condivisione, del portare pace senza alcun compromesso. In merito alla violenza che fa deflagrare questa bella terra, si parla di assuefazione ad essa: nel capoluogo, Caserta, non si ammazza, poiché è luogo di commercio e di investimento. Le comunità di immigrati sono marginalizzate, costrette ad allontanarsi, ghettizzate nelle campagne,
come a Villa Literno, sfruttate per la manovalanza nel lavoro dei campi e vittime invisibili della malavita. Questa si chiama schiavitù. Significa essere abbandonati nelle mani di qualcuno che deliberatamente sceglie di fare ciò che vuole della tua vita, significa rendere le persone vulnerabili a ricatti e la clandestinità favorisce questo sistema: è il motore dell’economia meridionale. Il potere è esercitato senza freni. I partiti alimentano il razzismo e i comuni negano la possibilità di permessi di soggiorno stagionali per il lavoro, poiché costerebbe troppo e le persone sarebbero tutelate.Ci fermiamo un momento in silenzio. Quali risposte a tutto questo? Bisogna rompere il velo della mistificazione, riaprire il canale della trasmissione comunicando, liberarsi dai luoghi comuni che altro non fanno se non generare mentalità discriminanti. Bisogna comunicare. Informare. Come si può parlare di legalità quando qui la gente vive ancora in schiavitù? Come può rispettare la legalità chi viene schiacciato ogni giorno sul lavoro? Chi vive ogni attimo della vita sua e della propria famiglia appeso a un filo? Coloro ai quali viene concesso solo il minimo indispensabile per sopravvivere, e a volte neanche quello? La spiegazione a tutto questo è un’economia che poggia su un’ingiustizia diffusa capillarmente entro la quale chi decide di parlare deve accettare l’emarginazione politica e sociale. Occorre assumersi le proprie responsabilità. La nonviolenza è una di queste, insieme alla verità, poiché l’arte suprema della violenza è la menzogna. Dobbiamo fare tutto alla luce del sole, incontrare l’avversario e non combatterlo, poiché alla fine sempre di uomini e donne si tratta. Le persone di grande valore vengono strozzate, soffocate, perché in questo sistema il fine giustifica i mezzi: tuttavia, mezzi e fini per loro natura devono coincidere. Serve molto tempo e a volte la percezione è di non averne mai a sufficienza. Un invito, infine: investire nei più giovani informandoli e formandoli, non proporre mai se stessi ma aprire le strade poiché tutti le possano percorrere: è urgente rompere il muro tra interesse personale e coscienza, questa è nonviolenza. Abbiamo il dovere di parlare.mons. Nogaro mi lascia senza fiato.Esco dalla canonica col cuore pesante, con la testa gonfia di pensieri e con una frase: ”Il male può essere sconfitto, deve essere sconfitto, altrimenti dovremmo ammettere che l’inferno è qui tra noi e che non si può fare niente per debellarlo”.
Commenti recenti