www.repubblica.it/politica“La ribellione degli uomini”, di Gad Lerner
Il maschio italiano schierato con le donne che si ribellano all´offesa della loro dignità? Tale è la sfida allo stereotipo del vitellone nazionale, da esporlo come minimo a sospetti e ironie. Il furbacchione si trincera dietro alle suore e alle femministe solo ora che c´è di mezzo Berlusconi, altrimenti… È roso dall´invidia per il maturo dongiovanni; si ricicla bacchettone dopo aver predicato la libertà sessuale; spia dal buco della serratura il bottino che mai riuscì a procacciarsi. Traduce la frustrazione in moralismo. E avanti di questo passo: quasi dovessimo coprirci di ridicolo, noi uomini, per solidarizzare con le nostre concittadine in un paese noto ormai come il più misogino dell´occidente. Afflitto non a caso dal più alto tasso europeo d´inattività femminile (una donna su due non trova o non cerca lavoro, dato Istat 2009). Per non parlare della loro emarginazione dal potere politico.
Scatta poi un istinto atavico, più nel profondo del maschio intimidito e attratto dall´esuberanza femminile. Se quelle ragazze si offrono al desiderio del potente per trarne vantaggi, non sarà la loro una sottomissione finta? Le fameliche “lupe di Arcore” (copyright di Francesco Merlo) meritano forse di essere considerate vittime, o ha ragione piuttosto chi le addita al pubblico ludibrio come “veline ingrate”? Così i cd di Mariano Apicella imbottiti di banconote da cinquecento euro, al termine dei festini di Arcore, incoraggiano un vile rovesciamento di responsabilità, addossando alla spregiudicatezza femminile – “lei ci stava, vostro onore, trattasi di donna dai facili costumi!” – il marchio della colpa. Un falso alibi che però funziona da millenni.
Forse è venuto il momento di riconoscere che anche il maschio italiano sta subendo nella sua identità sessuale i contraccolpi della pornocrazia, divenuta caratteristica pubblica di una classe dirigente di puttanieri. Non a caso il disagio è avvertibile particolarmente fra i giovani maschi che vivono la delicata scoperta dell´eros in un contesto culturale stravolto da una tale inedita ostentazione del mercimonio. È soprattutto fra loro che si affaccia con timidezza la presa di distanze: io non vivo così il mio bisogno di relazione amorosa; desidero un altro tipo d´incontro con le mie coetanee.
Che idea dell´amore può suggerire ai giovani maschi italiani la notizia di quelle cene in cui tre settantenni, resi interessanti solo dal loro status, si trastullano con venticinque ragazze di mezzo secolo più giovani di loro? A tutti, nell´adolescenza, sarà capitata la fantasia di fare l´amore con le bellezze viste in televisione. Ma poi subentra una fase più matura, la fatica della scoperta individuale della femminilità. Contraddetta dalla visione di questa sessualità immatura per cui il potente si ricostruisce in casa, scimmiottando per capriccio lo spettacolino televisivo, la fantasia adolescenziale del dominio maschile esercitato grazie alla forza del denaro. È la trasposizione privata, ma esibita pubblicamente come credenziale di prestigio, di un´ossessione che serializza il corpo femminile plastificato. Bambole di carne precocemente rifatte per somigliarsi tutte e corrispondere a un gusto che si distanzia dall´autenticità femminile fino a precipitare nella parodia.
Altro che libertà sessuale. È la stessa bellezza dell´amore, la ricerca del piacere nella reciprocità, a subire un attentato. Tanto da provocare nei maschi frustrazione, caduta del desiderio, pulsioni sopraffattrici, mortificazione dell´eros nella virtualità del porno.
Solo in questo senso possiamo riconoscere che siamo vittime anche noi dell´offesa alla dignità della donna. Certo ha ragione suor Rita Giaretta di Caserta quando denuncia la legittimazione giunta dai vertici del potere istituzionale alla schiavitù della vendita del corpo (non solo, ma principalmente femminile) fino ai gradini più bassi della scala sociale. E s´indigna, suor Rita, per il cinismo con cui la parte maschile della nostra società sembra accettarla come norma. Ma proprio perché tale abitudine è cementata da una cultura popolare di massa di cui le televisioni di Berlusconi sono da decenni le volgari battistrada – e di cui le sue abitudini private rappresentano la caricatura parossistica – anche la reazione può e deve essere femminile e maschile insieme. Ben lungi dalla sessuofobia, la rivolta femminile coinvolge gli uomini in un progetto di dignità comune che è la base della civiltà. Il partito dell´amore è stata la più beffarda truffa politica del premier indagato per favoreggiamento della prostituzione minorile. Ma la faticosa costruzione dell´amore, come ci ricordano pure i nostri più bravi cantautori, è l´intima fatica per cui vale la pena di vivere.
La Repubblica 02.02.11
28/01/2011 Le suore: fermiamo lo scandalo
Un forte appello delle religiose italiane contro lo sfruttamento dell’immagine della donna nei media e nella politica. «Poche le voci, anche dei credenti, che si alzano chiare e forti».
Le religiose italiane sono indignate e sofferenti per quanto sta accadendo attorno all’immagine della donna, ridotta a merce per uso sessuale, umiliata ed offesa nella sua dignità di persona . E questo proprio in quel contesto istituzionale dal quale dovrebbe provenire la difesa e la promozione del mondo femminile, la valorizzazione delle sue qualità umane e sociali, professionali, di quel “genio femminile” esaltato da Giovanni Paolo II . È un grido forte e commosso che giunge da più parti, in particolare dalle comunità e dalle case di accoglienza dove decine di suore lavorano sulla strada per aiutare le donne in difficoltà ad uscire da quella condizione di schiave del sesso nella quale tantissime sono finite contro la propria volontà, ingannate e minacciate.
Due religiose, Suor Eugenia Bonetti, missionaria della Consolata, responsabile dell’Ufficio Anti-Tratta dell’USMI (Unione Superiore Maggiori d’Italia) e Rita Giaretta, fondatrice di “Casa Rut” che accoglie le ragazze e le mamme che cercano di sottrarsi al dominio della criminalità organizzata, hanno deciso di dare voce alle centinaia di consorelle di 75 congregazioni che operano in 110 strutture per dare protezione e speranza alle donne che sono state devastate dallo sfruttamento sessuale , per offrire loro la possibilità di ricostruire la loro vita distrutta e un futuro.
« A nome di tutte queste religiose che nel nostro Paese, ogni giorno, con coraggio e dedizione, non curanti dei rischi e della fatica, senza cercare pubblicità, consensi e tornaconto, ma semplicemente guidate dall’amore e dal rispetto vero per la persona , si chinano sulle donne ferite dallo sfruttamento sessuale per aiutarle a guarire, manifestiamo dolore e profondo disagio per la figura della donna offerta in questi giorni dalle cronache dei media che ci portano a pensare che siamo ancora molto lontani dal considerarla per ciò che veramente è e non semplicemente un oggetto o una merce da usare a piacimento per uso personale. E ci chiediamo: Che immagine stiamo dando della donna e del suo ruolo nella società e nella famiglia?».
Suor Eugenia Bonetti denuncia: «In questi ultimi tempi si è cercato di eliminare la prostituzione di strada perché dava fastidio e disturbava il nostro pudore, abbiamo voluto rinchiuderla in luoghi meno visibili , ma non ci rendiamo conto che una prostituzione del corpo e dell’immagine della donna è diventata ormai parte integrante nei nostri programmi, notizie televisive, alla portata di tutti e che purtroppo educa allo sfruttamento, al sopruso, al piacere, al potere, non curanti delle dolorose conseguenze sui nostri giovani che vedono solo modelli da imitare. La donna è diventata soltanto una merce che si può comperare, consumare, per poi liberarsene come “usa e getta”».
Suor Rita Giaretta, che con tre consorelle è impegnata, giorno e notte, da anni, a Caserta, in un territorio, assediato dalla camorra, in ginocchio per il suo degrado ambientale, sociale e culturale, dove le vittime del commercio sessuale, che arrivano da paesi lontani, sono sempre più giovani e portano i segni di violenze e di crudeli schiavitù, si dice sconcertata e indignata: « Sconcertata come da ville del potere alcuni rappresentati del Governo, eletti per cercare e fare unicamente il bene del nostro Paese, soprattutto in un momento così grave di crisi generale, offendano e deturpino, umilino, l’immagine della donna. Ci inquieta un potere esercitato in maniera così sfacciata e arrogante che riduce la donna a merce e dove fiumi di denaro e di promesse intrecciano corpi trasformati in oggetti di godimento . Di fronte a tale e tanto spettacolo l’indignazione è tanta! Come non andare con la mente all’immagine di un altro “palazzo” del potere dove 2000 anni fa,
al potente di turno, incarnato dal re Erode, il Battista gridò con tutta la sua voce: “Non ti è lecito, non ti è lecito!”».
Il grido della coraggiosa religiosa che si è fatta ‘presenza amica’, accanto a tante sfortunate giovani straniere “per offrire loro il pane della speranza, il pane della vita e il profumo della dignità” , si rivolge anche a quel mondo maschile che in questi giorni reagisce tiepidamente, o non reagisce proprio, a fatti così gravi: «Davanti a questo spettacolo una domanda mi rode dentro: dove sono gli uomini, dove sono i maschi? Poche sono le voci, anche dei credenti, che si alzano chiare e forti. Nei loro silenzi c’è ancora troppa omertà, nascosta compiacenza e forse sottile invidia. Credo che dentro questo mondo maschile, dove le relazioni e i rapporti sono spesso esercitati nel segno del potere, c’è un grande bisogno di liberazione».
Si è unita alle religiose l’on. Silvia Costa , che il 2 giugno 2009 aveva lanciato un appello “Per una Repubblica che rispetti le donne”, dove aveva denunciato il loro uso e abuso nei media e in politica, degradandone l’immagine a oggetto di consumo sessuale ed aveva raccolto 25 mila firme . Oggi, dopo avere ricordato come la maggioranza delle donne in Italia “lavora, crea ricchezza, cerca lavoro, studia , si sacrifica per affermarsi nella professione che ha scelto, si prende cura delle relazioni affettive e familiari,occupandosi dei figli, mariti, genitori anziani”, lancia un nuovo appello: «Una cultura diffusa propone alle nuove generazioni di raggiungere scintillanti mete e facili guadagni, offrendo bellezza e intelligenza al potente di turno, disposto a sua volta a scambiarle con risorse e ruoli pubblici… Senza rendercene quasi conto, abbiamo travolto la soglia del comune senso della decenza. Il modello di vita e di relazione tra donne e uomini , ostentato dalla figura che occupa uno dei vertici dello Stato, induce un corrompimento delle coscienze di cui si avverte ormai la terribile profondità. Chiediamo a tutte le donne, senza alcuna distinzione, di difendere il valore del nostro comune sesso e di non assistere passivamente allo scempio della loro e della nostra dignità. E diciamo agli uomini: Se non ora, quando? ».
it.notizie.yahoo.com
Ven 28 Gen -Caso Ruby: Anche Suore Protestano Con Lettere Aperte e Manifestazione
(ASCA) – Roma, 28 gen – Anche le suore italiane non rimangono indifferenti di fronte al caso Ruby che sta scuotendo l’Italia. Due importanti religiose – suor Rita Giaretta, della Comunità Rut di Caserta, impegnata da anni contro la tratta delle donne, e suor Eugenia Bonetti, responsabile dell’Ufficio ”Tratta donne e minori” dell’Usmi, l’Unione delle Superiore Maggiori Italiani – hanno scritto due lettere aperte rilanciate oggi da MissiOnLine, il sito del mensile del Pime ‘Mondo e Missione’. ”Anche MissiOnLine – si legge nella presentazione delle due lettere – sente il dovere di intervenire, con un’attenzione non agli aspetti penali o mediatici della vicenda (su cui molto ci sarebbe da riflettere), ma sui rivolti educativi e culturali”. Nella sua lettera, suor Giaretta scrive: ”Sono sconcertata nell’assistere come da ”ville” del potere alcuni rappresentanti del governo, eletti per cercare e fare unicamente il bene per il nostro Paese, soprattutto in un momento di così grave crisi, offendano, umilino e deturpino l’immagine della donna. Inquieta vedere esercitare un potere in maniera così sfacciata e arrogante che riduce la donna a merce e dove fiumi di denaro e di promesse intrecciano corpi trasformati in oggetti di godimento. Di fronte a tale e tanto spettacolo l’indignazione e’ grande!”. La religiosa paragona la villa di Arcore al palazzo di Erode. Di fronte a questo spettacolo, conclude la religiosa, ”sento di alzare la mia voce e dire ai nostri potenti, agli Erodi di turno, non ti e’ lecito! Non ti e’ lecito offendere e umiliare la ”bellezza” della donna; non ti e’ lecito trasformare le relazioni in merce di scambio, guidate da interessi e denaro; e soprattutto oggi non ti e’ lecito soffocare il cammino dei giovani nei loro desideri di autenticita’, di bellezza, di trasparenza, di onesta. Tutto questo e’ il tradimento del Vangelo, della vita e della speranza!”. Per suor Bonetti, ”le costanti notizie di cronaca che in queste ultime settimane si susseguono con spudoratezza sui nostri giornali e nelle trasmissioni televisive e radiofoniche ci sgomentano e ci portano a pensare che siamo ancora molto lontani dal considerare la donna per cio’ che e’ veramente e non semplicemente un oggetto o una merce da usare a piacimento per interessi personali. In molti ci domandiamo il perche’ di tutte queste notizie mediatiche e soprattutto ci chiediamo che immagine stiamo dando della donna e del suo ruolo nella societa’ e nella famiglia, a prescindere dai fatti di cronaca, dalla veridicita’ o meno di cio’ che ci viene presentato, dal linguaggio usato senza vergogna”. E se il governo ha lavorato per ”eliminare la prostituzione di strada perche’ dava fastidio e disturbava i sedicenti benpensanti”, aggiunge la religiosa, ”non ci rendiamo conto che una prostituzione del corpo e dell’immagine della donna e’ diventata ormai parte integrante nei nostri programmi e notizie televisive, alla portata di tutti. Tutto questo purtroppo educa allo sfruttamento, al sopruso, al piacere, al potere, senza alcuna preoccupazione delle dolorose conseguenze sui nostri giovani che vi vedono modelli da imitare. La donna e’ diventata solo una merce che si puo’ comperare, consumare per poi liberarsene come un oggetto ‘usa e getta”’. ”Purtroppo – conclude la religiosa -, nonostante l’emancipazione acquisita dalla donna in questi ultimi anni in diversi modi e settori dobbiamo constatare con vergogna che purtroppo ancora oggi, nel 2011 la sua dignita’ e’ terribilmente minacciata e calpestata e la sua identita’ completamente offuscata”. E l’indignazione delle religiose non rimane solo sulla carta. Suor Bonetti e’ tra le promotrici – insieme, tra l’altro a Margherita Buy, Giulia Bongiorno, Cristina Comencini, Tiziano Ferrario, Inge Feltrinelli – di una giornata di mobilitazione delle donne italiane in ogni grande citta’ si svolgera’ domenica 13 febbraio, con l’obiettivo di ”difendere il valore della nostra dignita”’. L’impegno della maggioranza delle donne che nel lavoro ”fuori o dentro casa”, si legge nell’invito dell’iniziativa ”e’ cancellato dalla ripetuta, indecente, ostentata rappresentazione delle donne come nudo oggetto di scambio sessuale, offerta da giornali, televisioni, pubblicita’. E cio’ non e’ piu’ tollerabile”. ”Una cultura diffusa – scrivono le donne – propone alle giovani generazioni di raggiungere mete scintillanti e facili guadagni offrendo bellezza e intelligenza al potente di turno, disposto a sua volta a scambiarle con risorse e ruoli pubblici. Questa mentalita’ e i comportamenti che ne derivano stanno inquinando la convivenza sociale e l’immagine in cui dovrebbe rispecchiarsi la coscienza civile, etica e religiosa della nazione”, superando ”la soglia della decenza”. L’invito alla manifestazione e’ stato rilanciato, tra l’altro, dall’agenzia stampa della Cei Sir.
dal blog di Antonietta Potente
Riprendo in mano questo strumento che ci permette di comunicare in questo mondo virtuale e riprendo anche i miei inquieti pensieri sull’ opinione del Vescovo di Foligno e questa volta lo faccio con un contributo molto bello che mi è pervenuto da una mia consorella suor Barbara, che mi ha portato a conoscenza di due preziosi scritti. Nel mio ultimo blog dove riportavo le mie riflessioni su questo strano “caso di difesa” a favore del Premier italiano, da parte di un Vescovo, scrissi che ero un po’ indignata dal fatto che teologhe e teologi italiani tacessero di fronte a certe affermazioni. In realtà mi sono sbagliata, o meglio, io mi riferivo a chi ufficialmente occupa il ruolo di “teologa o teologo”, magari in qualche università, dimenticandomi invece che “fare teologia” è molto più eloquente di ogni docenza. Oggi, infatti, sono venuta a conoscenza di queste due “lettere”. La mia affermazione dunque era molto categorica e non totalmente vera, ma come sempre succede, a volte il nostro immaginario interiore si lascia abbagliare dall’ufficialità dei ruoli, in questo caso dei ruoli teologici, senza riconoscere i movimenti più sottili della luce che comunque si apre uno spazio e ci permette di vedere ancora meglio. E’ per questo che, sul mio blog, vorrei dare spazio a queste due lettere, perché i lettori ascoltino altre donne. Ogni pensiero non è per rivalutare l’istituzione ecclesiale, ma sì, conoscere tutti questi sforzi alternativi che comunque, credenti e non credenti facciamo per vivere e dare opportunità alla vita, di essere una vita degna, sotto tutti gli aspetti e, dato che questo dovrebbe essere la passione e il senso del nostro far teologia, invito i lettori ad ascoltare queste due lezioni di teologia che, personalmente definirei: “teología de género” , come diciamo in America Latina.
Il primo scritto ha come titolo: Riflessione sulla dignità della donna alla luce dell’immagine presentata dai mezzi di comunicazione; è di suor Eugenia Bonetti (Missionaria della Consolata) responsabile dell’ufficio “Tratte donne e minori” dell’USMI (Unione Superiori Maggiori Italiani). Il secondo, firmato da suor Rita, è delle suore Orsoline del Sacro Cuore di Maria, della comunità “Rut” di Caserta. Ambedue sono datate : 27 di gennaio 2011.
LA PROTESTA “Anche noi uomini dobbiamo dire basta”
Da Placido a Salvatores: dignità violata
La mobilitazione partita dalle donne nelle piazze e sul web e raccolta da Repubblica. Sul nostri sito appelli e già centinaia di foto all’iniziativa “Sono donna e dico basta”. Sabato il raduno di LeG, aderisce anche Scalfaro. L’appello di Ginsborg di ANNA BANDETTINI e RODOLFO SALA
ROMA – Non solo l’indagine giudiziaria e l’agone politico. Nei prossimi giorni Silvio Berlusconi dovrà vedersela anche con la piazza. Sabato 5 al Palasharp di Milano con Libertà e Giustizia che porterà sul palco Umberto Eco, Paul Ginsborg, Gustavo Zagrebelski, Roberto Saviano, ci sarà anche Oscar Luigi Scalfaro intervistato da Sandra Bonsanti. E cresce di giorno in giorno il numero delle adesioni per la manifestazione del 13 febbraio quando nelle piazze delle città italiane per reclamare “la dignità delle donne” si mobiliteranno non solo le donne ma anche gli uomini chiamati in causa dalla lettera di suor Rita pubblicata ieri da Repubblica e soprattutto dall’appello lanciato da donne di professioni e orientamenti diversi della società civile e della politica (“diciamo agli uomini se non ora quando?” si legge sul il documento lanciato da Cristina Comencini a Francesca Izzo del gruppo Di Nuovo, e poi Giulia Bongiorno, Silvia Costa, Susanna Camusso, Licia Colò, Anna Finocchiaro e tante altre).
Ci sta il regista Gabriele Salvatores (“perché il maschile e il femminile anche in natura convivono insieme e si rispettano”) in linea con lo scrittore Tiziano Scarpa (“se fossi una donna sarei incazzata. E siccome sono una donna, perché come tutti dentro di me c’è un po’ di maschio e un po’ di femmina, sono molto incazzata anch’io”) e Valerio Mastandrea (“il modello maschile che ci viene mostrato dalla politica è triste ed è il terreno in cui crescono le violenze sulle donne”). Aderisce convinto Moni Ovadia: “Non mi riconosco nel modello del maschio stallone o ruffiano. Il mondo maschile è già colpevole per aver taciuto l’uso del ruolo della donna in questi anni. Ora è arrivato il momento di far sentire la nostra voce”. E Michele Placido. “Aderisco non solo come compagno di una donna giovane che mai potrebbe concepire di avere relazioni come quelle che ha in uso il presidente del Consiglio, ma anche per i miei figli: quello che stanno vedendo lascerà ferite”
Intanto crescono le adesioni all’iniziativa di Libertà e giustizia. Le firme per chiedere le dimissioni del premier sono ormai centomila, ieri è arrivata quella di Rosy Bindi, presidente del Pd: “Tutti insieme, donne e uomini liberi di questo Paese, facciamo sentire che non siamo più disposti a sopportare il degrado morale, le menzogne, gli abusi di potere del capo del governo; difendiamo la dignità della nostra democrazia e della Costituzione”. Sentono il bisogno di aderire, con brevi messaggi, moltissimi italiani residenti all’estero, impossibilitati a partecipare al raduno del 5 febbraio. Paul Ginsborg, che sabato sarà sul palco del Palasharp insieme a Umberto Eco, Roberto Saviano e Gustavo Zagrebelsky, invoca “una mobilitazione costante e vigile di fronte all’atteggiamento determinato di Berlusconi, che parla di scontro finale; è essenziale che certi messaggi e certe prese di posizione del premier non passino senza un’opposizione pacata e sobria, ma ferma e molto partecipata”.
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