La donna in Padre Vannucci
“Se chiedi ad un uomo quanti figli ha, ti dirà, “ne ho tre, due maschi, una femmina”, se lo chiedi a una donna ti dirà, “ho Giacomo, Antonio, Francesca….”
La sensibilità, l’attenzione, l’amore di ogni donna secondo il pensiero e lo stile di un monaco “speciale”: padre Giovanni Vannucci.
Chi sarei stata se non ti avessi conosciuto? Quanta bellezza mi sarei persa? Le tue domande sono cuore e braccia, emozione e pelle. Un abbraccio non sa contenerle. Padre Giovanni ti stringe, anche lui stringe forte, forse sa, prima di te, che quell’abbraccio ti accompagnerà sempre. Sei all’ospedale, dove la morte ha fatto le prove col tuo cuore. “Come va?” chiedi. Ma in quel momento galleggiano solo emozioni, è l’intimità di una vita che scopre il suo centro. Il suo saluto è un’onda di tenerezza su cui viaggiano le parole più belle: “Da te, Grazia, ho imparato ad amare”.
Dio è padre e madre.
Un religioso, la donna. Se scavi in questo rapporto devi puntare in profondità, senza voltarti. Solo così puoi evitare i sospetti che danno prurito alla superficie, come se la fede si esaurisse in un gioco di istinti da reprimere. E’ in fondo, al fondo di tutto che punta sempre padre Vannucci. Il primo incontro con la donna si consuma nella notte dei tempi biblici. Tutto dorme, il sonno dell’uomo è quello di un neonato che non sa della vita. E in quello stato incosciente all’uomo viene estratta una tsalah, e per p. Giovanni non è affatto la ‘costola’ di cui spesso si parla: nel suo significato simbolico tsalah rappresenta l’apertura operata nell’uomo verso tutto il ‘possibile’, verso un’avventura sconfinata di vita. La donna appare, nel linguaggio biblico, per dare all’umanità il senso dell’infinito. In un altro passaggio della genesi viene raffigurata come ishah, da i sh fuoco: ‘sposa del fuoco divino’, la donna sprona l’uomo a tenere acceso il fuoco interiore della crescita e della consapevolezza. Mentre l’uomo punta a conquistare nuovi spazi di conoscenza e di dominio, la donna lo conduce a ‘fare casa in se stesso’, a immergersi nel quotidiano, perché è lì, da un piccolo segno, che si può intuire il senso di tutto. “Se voi osservate le differenze tra l’intelligenza maschile e femminile – dice padre Giovanni – noterete che l’intelligenza maschile è astratta: è l’uomo che formula le grandi ideologie, le grandi morali; l’intelligenza femminile è invece concreta, riporta queste grandi astrazioni, queste grandi ideologie nella vita. L’uomo costruisce grandi prigioni, perché nella vita sia conservato un ordine astratto, di moralità, di lavoro, di disciplina, la donna con la sua misericordia distrugge le sbarre della prigione, riporta l’uomo alla vita, all’amore verso ogni essere vivente”. Né l’uomo né la donna possono realizzare la loro umanità da soli. E infatti, alle loro radici, uomo e donna, non sono separati: insieme formano il volto di Dio. “Anche se continuiamo a raffigurarlo con la barba e la capigliatura abbondante – dice p. Vannucci – Dio non è ne uomo ne donna, ma è uomo e donna, padre e madre insieme”. Maschile e femminile sono i due raggi che Dio accende continuamente nell’umanità. Siamo noi a vederli distinti, è la nostra ragione che separa ciò che in Dio è uno. Padre Giovanni cerca di diradare le nebbie di una tradizione sbilanciata su un aspetto solo ‘maschile’ del divino: quando lava i piedi agli apostoli, quando cerca al pecorella smarrita, quando abbraccia il figlio prodigo, quando perdona i peccatori, Gesù esprime qualità femminili, ‘è donna’. Simbolicamente, all’eremo delle Stiche il pane consacrato viene distribuito da una donna, il vino da un uomo: solo uno scambio fecondo dei reciproci doni permette di comporre in noi il volto di Dio.
L’etica dell’amore
La mia umanità non si realizza se non esprimo la parte femminile che è in me, se non accolgo il femminile che vive nelle donne che incontro. P. Giovanni guarda con occhi affascinati e puliti quell’universo che contiene la sua terra incolta, la sua umanità mancante. La morale corrente, quella che ti si attacca alla pelle come un vestito bagnato e ti appesantisce, dice che la donna è un rischio, che la capacità di farvi fronte misura la forza di una vocazione. Per p. Giovanni la qualità della vita cristiana è nell’incontro, e l’incontro con l’intelletto d’amore della donna, con la sua spiritualità innata, con la sua percezione intuitiva della verità è per l’uomo un tesoro irrinunciabile. “nella mia vita – confida – ho sempre seguito questo: quando una donna mi dice quello che fai va bene, io mi sento sicuro; quando me lo dice un uomo, non lo so. Se io sono rimasto alle Stinche, e non è stato facile, è perché ho sempre avuto l’incoraggiamento di tante donne, sposate, non sposate, suore. Questo senso quasi profetico della vita e del suo significato nasce nella donna dal suo contatto vivo con l’esistenza: è l’istinto materno, la sorgente della femminilità. La donna non vede il seme della vita crescere: è terra che accoglie quel seme, è plasmata da quella vita, è tutt’uno con quell’essere. E questo cordone ombelicale come la lega a suo figlio, la lega a ogni figlio. La donna è portata a considerare tutte le creature inermi come partecipi della fragilità del suo piccolo, e quindi oggetto del suo amore. L’istinto materno è il fondamento dell’etica cristiana, l’etica dell’amore.L’abbraccio di madre tocca ogni essere: anche dove la vita sembra morire, la donna scorge un segno, un virgulto, una speranza. In guerra, durante i bombardamenti, ciò che mi stupiva era di vedere l’uomo avvilito e disperato di fronte alla sua casa distrutta. La donna, invece, non si perdeva d’animo, andava a rimuovere le macerie per cercare ciò che era rimasto salvo dal bombardamento. E subito pensava a ricostruire la famiglia, la casa. Nulla è perduto, anche quando tutto sembra perduto. Nulla vale una vita, anche quando ci sono leggi, regole che ti guidano altrove.Maria chiama Gesù, gli chiede di intervenire: “non hanno più vino”. Non sembra una necessità. Il banchetto potrà pur andare avanti. Ma senza il vino non c’è gioia, non c’è canto, la festa sembra ripiegarsi su se stessa. Maria, simbolo della donna, interviene dove la vita scopre un vuoto, dove abita una tristezza, una sofferenza, un errore. Il suo amore è gratuito, il suo canto accarezza tutte le creature, la sua misericordia riapre la speranza. P. Giovanni avverte che, nelle sue nozze con la vita, questo ‘vino’ è necessario. Deve curare la sua rigidità, la sua intransigenza, il suo chiudersi nel guscio di una timidezza mai domata. Negli anni delle Stinche, dopo una vita trascorsa il luoghi sempre esclusivamente maschili, questa sua introversione apre degli spiragli, in certi momenti si scioglie, si fa tenerezza.In cucina con Silvia, per mercatini con Grazia, a passeggio nei boschi con Elena: nella donna riversa il suo bisogno di ascolto e di libertà. “P. Giovanni – spiga Elena – ti fa vivere l’essere donna come un privilegio. Lui avverte nella donna un senso di completezza che manca all’uomo, vede in noi una capacità maggiore di penetrare il mistero della vita”. Quando pensa alla comunità, la immagina sempre come una convivenza di uomini e di donne.L’uomo, con la sua ragione scopre le cose, la donna,con la sua concretezza, le riempie di contenuto.
L’uomo sa prendere le decisioni con giustizia, la donna le ammorbidisce con la sua misericordia. L’uomo vive le sue idee con spirito di avventura, la donna con fedeltà e coraggio. L’uomo rende la donna madre, la donna gli insegna a essere padre.Uomini e donne, luce e amore, due raggi, un solo abbraccio. E’ un’utopia, sì, ma un’utopia che cammina: “ Sono i pensieri che giungono con passi di colomba quelli che guidano il mondo”. “ Noi abbiamo pensato sempre alle nostre attività come a delle opere. Invece la cosa più importante sono i gesti, anche se “opere” è un termine che dà più soddisfazione, perché indica qualcosa che possiamo mostrare agli altri. Vorrei metter l’accento sui gesti perché sono precisamente i gesti che preparano, risultati o fallimenti, però preparano qualcosa. Dove si vede il genio femminile? Io credo che si vede nella capacità di iniziativa senza chiedere permesso a nessuno. Le donne della resurrezione non sono andate a chiedere il permesso ai discepoli se potevano andare o no al sepolcro a ungere il corpo di Gesù: ci sono andate. Credo che questo sia il genio femminile: l’iniziativa, la capacità di inventare” . ( Antonietta Potente) “L’umanità, penso, è giunta a un punto difficile, ma cruciale e la donna come ci insegna il Vangelo è sempre il punto di partenza per qualcosa di nuovo. La donna è grande non quando fugge dalla sua femminilità e tenerezza, dalla sua realtà, ma quando penetra nel cuore delle cose. Nell’avvicinarti ad una donna comprendi che il mistero è la vita reale, è il farsi carne, concretezza, gesto. L’affettività è necessaria, ma insufficiente se questo amore non diventa adulto per affrontare l’usura del quotidiano e il confronto delle differenze. Questi due sono i grandi valori della
donna, la sua capacità di vivere il quotidiano e la sua capacità di confronto con le differenze, ciò che l’uomo non riesce a fare. Se la donna ritrova se stessa e non perde questi due valori fa un dono all’uomo e a tutta l’umanità. ”. (Luigi Verdi)
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