Presentazione del libro a Caserta

relatori

Tavolo dei relatori

Giovedì 17 maggio, salone S. Augusto della Curia Vescovile di Caserta gremito per la presentazione del libro “Non più schiave – Casa Rut, il coraggio di una comunità” di suor Rita Giaretta, responsabile della Comunità Rut delle Suore Orsoline del S. Cuore di Maria. Il libro, “Non più schiave”, racconta undici anni di impegno creativo e appassionato di una comunità religiosa, in un territorio particolare come quello casertano, a fianco di tante giovani donne migranti, vittime di quella ignominiosa forma di schiavitù che è la tratta di donne e minori a scopo di abuso sessuale. Un filo rosso lo attraversa: il riconoscimento e la difesa della dignità della donna.

Leggi qui un articolo di Marilena Lucente sull’argomento…..

  •  Intervento di Mons. Nogaro
    La vostra numerosissima presenza mi fa dire che le opere buone fanno promozione, fanno educazione della nostra gente:

    intervento di Nogaro

    intervento di Nogaro

    Ecco, io vorrei, e devo anzi, parlare per primo anche perché ho bisogno di dire il grande grazie alle Suore Orsoline perché sono nella nostra Diocesi e perché operano nella nostra Diocesi, in pieno accordo con me Vescovo.

    Il libro è molto bello; fatto di molte testimonianze, una più interessante dell’altra. Ha una prefazione di grande valore, quella della Maraini, come mi è molto piaciuto il commento di Sergio Tanzarella sull’onorificenza ricevuta da sr. Rita. E poi al di là delle testimonianze concrete, vive e immediate delle ragazze che sono nella casa, in appendice, alcune sono proprio commoventi. Il discorso sulla Moldavia fa veramente impressione, tanto per citare alcune cose. Ma quello che a me colpisce è il modulo di apostolato di sr. Rita e delle Suore Orsoline.

    Anzitutto direi che un primo modulo è quello dell’incarnazione, cioè, queste suore hanno preso la carne e il sangue della povera gente, si sono incarnate come Cristo.

    Mi sovviene la testimonianza di don Milani: quest’uomo dell’alta società fiorentina diventa il povero con i più poveri, con i ragazzi. In una forma propria più viva e anche più lacerante, ricordo il carissimo don Tonino Bello che ripeteva: “ Ama Cristo, ama la gente, il resto è niente”; con Cristo e la gente anonima, la gente folla, la gente che non dà particolari, però è lo stesso Cristo che dobbiamo amare. Ecco l’incarnazione che splendidamente viene svolta dalle Suore Orsoline e da sr. Rita.

    C’è un secondo modulo: la testimonianza: anche questa, una testimonianza viva. Cristo dice agli apostoli: “andate in tutto il mondo, testes mihi eritis”, e qui è proprio la testimonianza diretta: il mostrare il Cristo, sempre, comunque e dovunque. La testimonianza della povertà: è stato detto poco fa, che sono le suore della bicicletta, e in realtà a Caserta non si vedevano molte biciclette!, hanno cominciato le suore a girare in bicicletta e qualcuno ha voluto imitarle. C’è poi la testimonianza della semplicità, il mettersi alla pari, il non fare autorità, il non fare potere, essere in comunione di vita, genuina, autentica con tutti. Quello che è più forte è poi la testimonianza del servizio, cioè dovunque occorre, dovunque c’è bisogno, si è presenti non per guardare, ma per aiutare, per sollevare, per guarire.

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    gli intervenuti

    E vorrei poi come terzo modulo, anche per non dilungarmi, segnalare questo che mi ha colpito del libro e che mi ha colpito nel mondo contemporaneo in modo particolare per la testimonianza di certe donne, cioè la missione al femminile. Voi pensate come nel ‘900, soprattutto dopo il Concilio ecumenico, è cambiato completamente il concetto di missione, e a me pare che l’abbiano saputo cambiare soprattutto le donne; prima c’era la professione di fede; la professione di fede poi dei missionari davanti al bisogno era la comunicazione dell’amore. E i modelli che io ricordo con passione e so che sono anche i vostri sono quello di Simone Weil e di Madre Teresa, due modelli straordinari che hanno veramente cambiato il modello di missione. Innanzitutto hanno preso coscienza della vittima e hanno dato coscienza alla vittima. E’ qualcosa di grandioso: prima le vittime c’erano ma non venivano considerate, erano semplicemente la gente sfortunata. Invece con Simone Weil per la prima volta affiora il dramma dell’operaio, dell’uomo della fabbrica; per la prima volta viene reso scientifico il dramma del dolore, la disperazione di questi uomini che lavorano senza gratificazione. Così come per Madre Teresa di Calcutta, l’uomo che viene buttato via, la persona che non conta, la persona di marciapiede viene recuperata: non interessava a nessuno a Calcutta la povera persona abbandonata, passavano vicino e lasciavano che morisse sulla strada, invece Madre Teresa dà dignità a questi poveri esseri umani.

    Ed è lo stesso caso, chi pensava? Anche da noi qui a Caserta, anche da parte delle persone più sensibili, le ragazze che vengono dall’Est, le ragazze che vengono dall’Africa, possono essere buttate sulla strada in questo modo, peggio di schiave, carne da mercato; qualcosa di spaventoso. Ebbene sono state rese donne libere, donne dignitose; la vittima che diventa la persona qualificata, la coscienza della vittima, che ha accettato questo rapporto per la missione al femminile. Così la missione al femminile ha per me una cultura dell’amore, non soltanto l’amore, tutti possono avere la testimonianza di buon rapporto con gli altri ma la donna in modo particolare proprio specifico ha questa cultura dell’amore, questo saper ricreare tutte le autenticità e anche le sfumature dell’amore per poter incontrare qualsiasi persona. E così c’è perseveranza e fedeltà. Questo fatto si ripete: mi pare che il virus ebola imperversava nel Congo qualche anno fa. I missionari sono stati allontanati e hanno gradito di tornare alle loro case. Nessuna donna ha abbandonato l’Africa, nessuna! In sei suore sono morte subito insieme in modo impressionante e nonostante questa realtà, nessuna ha voluto abbandonare il Congo, anche perché il virus colpiva in particolare i bianchi, le persone europee. Ecco questa la perseveranza della fedeltà. Allora possiamo veramente parlare della missione al femminile: le donne sanno vedere il volto di Cristo in coloro che hanno bisogno… ho fame, mi dai da mangiare… sono malato e mi curi… sono forestiero e mi accogli.

    La donna vede Cristo e compie quest’opera perché in ogni povero, in ogni diseredato, in ogni disperato vede suo figlio. E’ lei che lo ha generato. Ed è il Cristo poi che salva lei e salva tutta la società.

    Grazie, sr. Rita, per questa testimonianza!

    Testo, da registrazione, non rivisto dall’autore!!

  • Intervento di Giuliana MartiraniSono venuta a festeggiare le mie amiche, immerse in una bella storia, e sono molto fiera di essere stata scelta da loro per accompagnarle in questa presentazione.
    omaggio dalle ragazze ospiti alla loro 'mamma'

    omaggio dalle ragazze ospiti alla loro ‘mamma’

    Molto giustamente il Padre Vescovo ci ha sottolineato questa missione al femminile, che è particolare, perché le donne hanno uteri di misericordia, prendono a cuore e quindi sanno fasciare le ferite immediatamente; si prendono cura e sanno contemporaneamente andare alle radici della situazione, dei problemi, realizzando la giustizia. Questo prendersi cura e prendere a cuore è proprio una modalità al femminile.

    Vorrei cominciare ricordando don Tonino Bello che diceva: “Ma che cosa può venire di buono da Nazaret?”. Che cosa può venire di buono da questa o quella città straniera, che cosa può venire da ambienti africani? Noi siamo andati a portare, a dare. A noi ci è rimasta questa idea:
    i missionari e le missionarie sono quelli che vanno a portare aiuti. Dovremmo invece dire ai missionari: quando tornate qui in Europa, riempite gli aerei e riempite le navi… portateci, vi preghiamo, dei pacchi dono perché stiamo morendo non di fame, ma morendo di tutti questi grandi valori. Mandateci pacchi dono di speranza, di fiducia, di solidarietà che qui si muore.

    E’ ancora più importante mettersi sulla pelle la camicia del povero, il dono che ti fa un povero. Chi? Sarà la prostituta, sarà il malato di aids, sarà il marocchino che viene a darci un dono che tu non sai indossare. E’ una cosa grande lasciarsi evangelizzare dai poveri, per portare loro il lieto annunzio che non sono stati abbandonati dal Signore. Se scuoto tutta la casa per darla ai poveri questa è generosità, ma la carità più grande è quella di introdurre qualcosa, sia pure una piccola cosa, da mettere come souvenir in mezzo a mobili di stile impero. Il Signore un giorno ci rovisterà il guardaroba così come fanno all’aeroporto, per vedere non che cosa abbiamo esportato, ma importato, che cosa abbiamo preso, ricevuto dagli altri, quali cose ci portiamo a casa.

    consoreelle

    Sr Rita con le consorelle

    Ecco allora questa esperienza di Casa Rut, è un’esperienza bellissima proprio per questo, perché è un’esperienza a doppio senso, un’esperienza in cui si dà e si riceve. E si sa ricevere e accogliere il dono che delle ragazze abbandonate, buttate in mezzo alla strada, come si getta una scarpa rotta, danno a noi, un dono e un enorme dono di speranza e di fiducia nell’umanità che neanche ce lo immaginavamo. Danno a noi i doni di una fraternità diversa, di una umanità diversa, che noi abbiamo perduto e che ora recuperiamo attraverso il loro dono a noi.

    Allora probabilmente la esperienza di Casa Rut ci ricorda quest’altra esperienza che raccordo brevemente.

    C’è una donna chiamata Noemi, che vuol dire dolcezza, sposata a un uomo, Elimelech, che è uno che non si abbassa e non perde la dignità davanti a nessuno, è uno che dice: sulla mia testa solo il Signore, sopra di me nessuno, uno con una dignità molto forte. Hanno due figli e sono sposati a due donne del luogo… Forse si trovano in un paese del nord Italia, del nord del mondo, saranno in Germania, saranno a Vicenza, chi lo sa?….

    Questa Noemi a un certo punto si trova sola perché intorno a lei muoiono marito e figli. Si trova lei, Noemi,‘dolcezza’, e la nuora Rut, ‘l’amica’. Resta un’altra nuora, Orpa, una che dice: “ io, in quel sud là, con quei terroni, io non andrò” … e gira le spalle e se ne và.

    sr Rita con gli editori

    sr Rita con gli editori

    Rut si fa amica del popolo dove andrà Noemi, in un luogo che si chiama “la casa del pane”; immaginate un po’ e qui si fa amica di un sud ancora più sud, come fanno le nostre suore che da Vicenza vengono a Caserta e non solamente qui in terronia – io dico con orgoglio che sono una napoletana doc – , ma addirittura in una terra dove stanno marocchine, senegalesi, nigeriane… per di più buttate in mezzo alla strada. E in questa esperienza di marginali, di massimi marginali, di gente che non è niente per nessuno, in questa esperienza, riportano la bellezza della resurrezione del Cristo. E qual è la vera rinascita? Rinascono queste donne, rinascono in un percorso semplicissimo senza grandi problemi e tutto nasce dall’alleanza di due donne, Noemi e Rut, che inventano modalità diverse di collaborazione e di cooperazione… però trovano anche un Booz, il padre Vescovo, ecco la forza del suo coraggio che accompagna queste donne in un percorso che è percorso di risurrezione. E che cosa viene fuori da tutta questa storia? Nasce nientemeno che un antenato di Gesù, Obed, il servitore per eccellenza.

    E in un tempo in cui il potere è potere da tutte le parti, e io sono molto sconvolta da questa nostra generazione dove il potere è economico, politico, potere culturale, potere religioso, potere, potere, tutto è potere. In un’epoca in cui tutto è potere, con umiltà, questa piccola congréga di persone, Noemi-Rut-Booz, generano un servizio. Che bella speranza! Finalmente uno può respirare e dire: che bella speranza! Forse, queste antiche storie della Bibbia se le ripetiamo attualizzate ai nostri giorni, sono motivo di enorme speranza. Nella prassi quotidiana noi vediamo appunto ciò che è buttato diventa invece ciò che è luminoso.

    Che può venire di buono da Nazaret? Può venire la grande speranza per il mondo.

    Allora vorrei chiudere: forse dobbiamo riflettere molto su qualcosa che riguarda il servizio che è stato espresso così bene e che è così ben documentato in questo libro. Un libro di testimonianze di persone vive che dicono cose vere, perché molti libri sono pura evanescenza, puro orgoglio e presunzione. Questo libro in cui si racconta storie, al nostro territorio, alla nostra generazione, dice anche qualcosa di molto importante: dobbiamo perdere il senso del potere, potere dell’essere i primi. Le donne, seconde per 5.000 anni, continuano a dire a questo territorio, a questa generazione, a questa storia, che è obbligatorio diventare tutti secondi, perché uno solo è il primo, il Signore, gli altri sono secondi, siamo tutti figli. Nessuno di noi può arrogarsi il diritto, di essere primi e tenere il potere.

    Dobbiamo dirlo con tranquillità, con umiltà e con le parole semplici di donne e di storie di donne, perché questo per me è parola grande di speranza in una generazione che fa del potere l’obiettivo massimo. Ecco, Obed, il Servitore, quello che poi nasce nella storia di Rut e di Booz, è la parola di speranza che noi diamo all’umanità oggi.

    autografi...

    autografi…

    E quale potere massimo che è quello che stupra, perché diciamo proprio le parole esatte, la prostituita, perché non è prostituta, è stata prostituita, sta semplicemente facendo la vittima di un potere enorme maschilista che c’è sempre stato che è lo stupro, che lo faccia a pagamento, che lo faccia senza pagare, lo fa il potere massimo che si esprime nella violenza carnale a una donna. E qui che si esprime il potere massimo. Leggiamo la lettera del Vescovo al cliente, è fondamentale rivolgersi al cliente: è un grosso invito, perché altrimenti non facciamo giustizia, non facciamo la carità, non realizziamo il prenderci cura, il prendere a cuore, l’essere misericordiosi facendo la giustizia.

    Concludo con una frase di una lettera collettiva che scrivemmo con le ragazze di Casa Rut e di Castel Volturno, che finiva così: Io comincio il mio cammino con voi: prego il popolo italiano che mi aiuti. Invito tutte le autorità costituite, tutta la gente di potere: per favore fermate questa schiavitù delle giovani donne e ragazzine. Create consapevolezza. Difendeteci. Ridateci dignità.

    Testo, da registrazione, non rivisto dall’autrice!!

  • Maggio 2009 pubblicata  la versione in Inglese
  • Maggio 2009
    pubblicata
    la versione in Inglese

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